02 Aprile 2025

La sinistra contro la pace di Trump

Con la dovuta premessa che stiamo vivendo tempi difficili, con dei nodi che difficilmente si possono sciogliere, tipo la difficile guerra in Ucraina. Dopo tre anni di guerra, forse il tentativo più serio per farla smettere lo sta facendo il presidente americano Donald Trump, ma a quanto sembra alla sinistra e non solo, non va bene. Del resto da quando si è insediato Trump alla casa Bianca, il clima è diventato plumbeo per certa classe politica, intellettuali, e media europei.

Il presidente statunitense è stato dipinto come portatore di ogni peggiore catastrofe immaginabile. “Nemico dei "diritti", in quanto ha osato sfidare l'egemonia ideologica woke che prima nella propaganda occidentale a reti unificate trionfava indisturbata. Nemico dei poveri del mondo, in quanto ha tagliato i fondi dell'USAID, che, con l'alibi degli aiuti ai paesi in difficoltà, finanziavano a piene mani il suddetto indottrinamento a senso unico. Nemico delle "magnifiche e progressive" sorti dei mercati globali per aver usato l'arma dei dazi assai più largamente usata però da europei e cinesi contro gli Stati Uniti. E via dicendo”. (Eugenio Capozzi, L'America è il Male, se conviene all'establishment, 12.3.25, lanuovabq.it)

Anzi parecchi e autorevoli commentatori, e non solo appartenenti alla sinistra, si augurano di tutto cuore che i progetti di Donald Trump falliscano. Rimpiangono, costoro, lo stile più sobrio di alcuni precedenti presidenti Usa, come Clinton e Obama, alcuni rimpiangono pure Joe Biden, scordando i suoi molti insuccessi in politica estera.

“Si tratta spesso di docenti universitari di fama, che si autoproclamano liberali, e di intellettuali che scrivono su giornali e blog, naturalmente anch’essi liberali a tutto tondo. Capita così di assistere a un vero e proprio stravolgimento della storia contemporanea. Furono per esempio gli Usa ad aggredire il Vietnam del Nord, sostenuto dalla Cina di Mao Zedong e dalla defunta Unione Sovietica. Ho Chi Minh era un pacifista, e i cattivi americani lo costrinsero a combattere una guerra per lui risultata vittoriosa”. (Michele Marsonet, Con l’Europa addormentata ben vengano i continui shock trumpiani, 13.3.25, nicolaporro.it/atlanticoquotidiano.it)

Ma il peccato più grave è stato quello di avviare trattative con la Russia per porre fine alla guerra russo-ucraina che ha provocato forse più di un milione di vittime. Forse la determinazione del presidente statunitense a trovare ad ogni costo un accordo di pace ha irritato “le élites europee in una crisi di nervi quotidiana fuori controllo, provocando le risposte più scomposte e improbabili”. Si va dal comico piano "Rearm Europe" di Usrula von der Leyen (un progetto di soli debiti a carico degli stati), le grottesche pretese di Emmanuel Macron di fare da guida e "ombrello nucleare" del continente.

“Ma l'aspetto che colpisce di più, in queste reazioni pirotecniche, è l'ennesimo, disinvolto ricorso a una demonizzazione degli Stati Uniti che storicamente viene attivata in Europa "a comando" quando serve, appunto, agli scopi politici più disparati o ai miti ideologici dominanti”. E questo succede quasi sempre quando negli Stati Uniti è al potere un presidente appartenente al Partito repubblicano”.

E' successo con il presidente Ronald Reagan che veniva dipinto, con toni altrettanto radicalmente ostili, sprezzanti e apocalittici di quanto oggi venga dipinto Trump, ma per motivi assolutamente opposti. Per i media, la sinistra, gli intellettuali, Reagan era il "cowboy", l'"attore", il rozzo populista, il feroce guerrafondaio che rischiava di scatenare la terza guerra mondiale, perché osava contrastare con decisione sul piano degli armamenti l'Unione sovietica tardo-brezneviana e post-brezneviana”.

I leader europei che allora ebbero il coraggio di schierarsi al fianco degli Stati Uniti consentendo il dispiegamento degli "euromissili" Pershing e Cruise, come Craxi e Mitterrand, “erano additati da una propaganda aggressiva quanto quella attuale come assassini dei loro popoli, e contro di loro venivano convocate di continuo oceaniche manifestazioni pacifiste (in realtà anti-americane e anti-Nato). L'Europa ha fatto il bello e il cattivo tempo sulle guerre dove erano impegnate gli Usa, ci sono stati tanti Catoni, scrive Capozzi. Si passa dal pacifismo più assoluto alla linea bellicista di un Joe Biden, al suo "muro contro muro" contro Putin, che ha gettato benzina sul fuoco di un conflitto che Kiev non poteva vincere, anziché favorire tentativi di risolverlo.

E oggi, “dopo anni di furia guerresca, quell'applauso diventa oggi, per converso, il vituperio sdegnato contro il presidente "nemico" in quanto repubblicano, "colpevole" di voler raggiungere una pace e una sicurezza comune della quale l'Europa avrebbe in verità un enorme bisogno”.
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