"Primavera nnammurata " (nelle leggende di Petrosinella e della Primavera )
18-04-2015 12:47 - .....Susiti e ...abballa!! Rubrica di Franco Gambino
Tra i Cunti dei Sanpantaliari, ce n'è uno che Ciccio Bilello (il Cuntista di riferimento) nel raccontarlo aggiungeva e modificava con particoari, di volta in volta.....quando le richieste erano sempre più pressanti . In questo giorno d'inizio di Primavera, mi piace proporlo ai miei Cari Lettori .....così come l'ho tratto dai miei appunti, unito ad un gustosissimo aneddoto che, forse, molti Marsalesi sconoscono....ncà sintiti, sintiti....
C'era na vota e c'era....una donna incinta che, affacciata a una finestra -che dava sul giardino antistante la casa della Dea Torrazza- vide una bella aiuola di prezzemolo e ne ebbe tanta voglia da entrare di nascosto nel giardino per raccoglierne una bella "troffa". Tornata a casa, la Dea Torrazza, se ne accorse, la sorprese e decise di punire l'intrusa... La poveretta cercò di discolparsi spiegando che era una voglia che aveva dovuto soddisfare, essendo gravida, per paura che la creatura nascesse con macchie di prezzemolo sul viso. La Dea Torrazza, che non poteva avere figli, promise di lasciarla libera, a patto che le consegnasse il nascituro o la nascitura.. La Donna , sebbene a malincuore, fece la promessa. Tempo dopo, partorì una bambina bellissima, che aveva sul petto un ciuffo di prezzemolo. Quando la Dea Torrazza incontrava la bambina le chiedeva di ricordare a sua madre la.... promessa. La mamma le rispose -un giorno- che, non appena la Dea le avesse ricordato la promessa, doveva dirle di..... prendersela. Petrosinella (questo il nome della bambina).... non sapendo nulla della promessa, riferì quello che aveva detto la mamma. Fu così che la Dea Torrazza la prese, la portò in riva al mare e la rinchiuse in una torre senza porte, senza scale, con una sola finestrella. Petrosinella doveva mettere fuori dalla finestrella le sue lunghe trecce, lungo le quali si arrampicava la Dea quando doveva entrare. Un giorno un principe, passando da lì, vide quelle belle trecce d'oro e cominciò a conversare con la giovane. I due si innamorarono e decisero di incontrarsi di notte: lei avrebbe dato un sonnifero alla Dea e lui sarebbe salito arrampicandosi sulle sue trecce. La cosa si ripeté molte volte....fin quando una comare informò la Dea Torrazza......che fece un incantesimo: Petrosinella sarebbe riuscita a fuggire solo se si fosse impossessata di tre grossi capperi, che erano nascosti in cucina.
Petrosinella capì tutto e, giunta la notte, andò a cercare i capperi ....trovatili, preparò una corda di spago, scese giù e scappò col principe. Quando la Dea Torrazza si svegliò, , accertò la fuga ed inseguì i due innamorati. Petrosinella, per difendersi, gettò a terra un "cappero" e vide spuntare un cane terribile che, abbaiando, corse verso la Dea per attaccarla, ma Torrazza gettò un pezzo di pane al cane, il quale non la inseguì più. Continuò a rincorrere Petrosinella che, vedendola avvicinare, gettò il secondo cappero ......ed ecco uscire un feroce leone che corse verso la Dea Torrazza per sbranarla, ma questa si ricoprì con una pelle d'asino e corse verso il leone, che, credendola un asino, ne ebbe paura. Così la Dea ricominciò ad inseguire i due ragazzi. Petrosinella gettò a terra l'ultimo cappero, da cui uscì un lupo che, trovando impreparata la Dea Torrazza, la inghiottì in un sol boccone !. Così i due giovani, in quel primo giorno di primavera, furono lasciati in pace. Il Principe in groppa al cavallo bianco abbracciato a Petrosinella raggiunse la sua tenuta reale che, da quel momento in poi, in onore del suo Amore e della sua Amata......(pare) chiamò Petrosino...... dove si sposarono e vissero felici e contenti....!
Ora aviti a sapiri che nella tradizione popolare marsalese (più specificatamente quella dei Cantastorie) ci fu un tempo -assai anticu- che la vite era una semplice pianta pi fiura: un facia né ciuri, nè frutti. Venne la primavera e un contadino ( ca era rù bagghiu Abeli ccà di Birgi....), decise di tagliarla: "Questa pianta dà ombra ai seminati"... disse "...la ridurrò più piccola che sia possibile". Detto fatto: il contadino la potò così energicamente che della verde pianta non rimasero che pochi rami nudi e corti. La vite....chiancia.... e un usignolo ebbe pietà di lei: "Non piangere" disse "...io canterò per te, e le stelle si muoveranno a compassione....vedrai ! ".
Volò sui poveri rami tronchi, vi si afferrò con le unghiette e, giunta la notte, cominciò a cantare tanto dolcemente che la vite, in quella notte di primavera, si sentì via via rinascere. Per dieci notti, le note trillanti, del suo cinguettio, salirono verso le stelle, finché esse si commossero e fecero discendere un po' della loro forza sulla povera pianta mutilata. Allora la vite sentì scorrere in sé una linfa nuova; i suoi nodi si gonfiarono, le sue gemme si aprirono. I primi "pàmpini" verdi fremettero al tepore di primavera, ed i riccioli verdi, si allungarono per avvolgersi come una delicata carezza intorno alle zampette dell'uccellino. Quando l'usignolo volò via, già gli acini del primo grappolo cominciavano a dorarsi alla luce dell'alba. La vite era diventata una pianta colma di frutti. I suoi grappoli possedevano la forza delle stelle, la dolcezza del canto dell'usignolo, la luminosa letizia del calore delle notti d'estate....le notti di Birgi !
Chi viene, qui a Birgi - ma in tutto il marsalese- vede ancora queste piante ad alberello con grossi tralci aggrovigliati a fior di terra, dove affiorano i grappoli di un prezioso nettare che nella magia di una notte di primavera fino al calore delle notti estive gli intenditori chiamano ancora......"il nettare degli Dei" ! ....e qui ancora oggi, si magnifica il Vino "forte"..... quello buono di Birgi ! Ma per tutto ciò dobbiamo essere riconoscenti, alla buona conservazione e salvaguardia delle nostre tradizioni, da parte dei nostri agricoltori ......ed alla bella primavera di Birgi.....! ...u cuntu è lestu u cuntu è piaciutu e.........datimi a bbiviri ca unn'aju vivutu !
C'era na vota e c'era....una donna incinta che, affacciata a una finestra -che dava sul giardino antistante la casa della Dea Torrazza- vide una bella aiuola di prezzemolo e ne ebbe tanta voglia da entrare di nascosto nel giardino per raccoglierne una bella "troffa". Tornata a casa, la Dea Torrazza, se ne accorse, la sorprese e decise di punire l'intrusa... La poveretta cercò di discolparsi spiegando che era una voglia che aveva dovuto soddisfare, essendo gravida, per paura che la creatura nascesse con macchie di prezzemolo sul viso. La Dea Torrazza, che non poteva avere figli, promise di lasciarla libera, a patto che le consegnasse il nascituro o la nascitura.. La Donna , sebbene a malincuore, fece la promessa. Tempo dopo, partorì una bambina bellissima, che aveva sul petto un ciuffo di prezzemolo. Quando la Dea Torrazza incontrava la bambina le chiedeva di ricordare a sua madre la.... promessa. La mamma le rispose -un giorno- che, non appena la Dea le avesse ricordato la promessa, doveva dirle di..... prendersela. Petrosinella (questo il nome della bambina).... non sapendo nulla della promessa, riferì quello che aveva detto la mamma. Fu così che la Dea Torrazza la prese, la portò in riva al mare e la rinchiuse in una torre senza porte, senza scale, con una sola finestrella. Petrosinella doveva mettere fuori dalla finestrella le sue lunghe trecce, lungo le quali si arrampicava la Dea quando doveva entrare. Un giorno un principe, passando da lì, vide quelle belle trecce d'oro e cominciò a conversare con la giovane. I due si innamorarono e decisero di incontrarsi di notte: lei avrebbe dato un sonnifero alla Dea e lui sarebbe salito arrampicandosi sulle sue trecce. La cosa si ripeté molte volte....fin quando una comare informò la Dea Torrazza......che fece un incantesimo: Petrosinella sarebbe riuscita a fuggire solo se si fosse impossessata di tre grossi capperi, che erano nascosti in cucina.
Petrosinella capì tutto e, giunta la notte, andò a cercare i capperi ....trovatili, preparò una corda di spago, scese giù e scappò col principe. Quando la Dea Torrazza si svegliò, , accertò la fuga ed inseguì i due innamorati. Petrosinella, per difendersi, gettò a terra un "cappero" e vide spuntare un cane terribile che, abbaiando, corse verso la Dea per attaccarla, ma Torrazza gettò un pezzo di pane al cane, il quale non la inseguì più. Continuò a rincorrere Petrosinella che, vedendola avvicinare, gettò il secondo cappero ......ed ecco uscire un feroce leone che corse verso la Dea Torrazza per sbranarla, ma questa si ricoprì con una pelle d'asino e corse verso il leone, che, credendola un asino, ne ebbe paura. Così la Dea ricominciò ad inseguire i due ragazzi. Petrosinella gettò a terra l'ultimo cappero, da cui uscì un lupo che, trovando impreparata la Dea Torrazza, la inghiottì in un sol boccone !. Così i due giovani, in quel primo giorno di primavera, furono lasciati in pace. Il Principe in groppa al cavallo bianco abbracciato a Petrosinella raggiunse la sua tenuta reale che, da quel momento in poi, in onore del suo Amore e della sua Amata......(pare) chiamò Petrosino...... dove si sposarono e vissero felici e contenti....!
Ora aviti a sapiri che nella tradizione popolare marsalese (più specificatamente quella dei Cantastorie) ci fu un tempo -assai anticu- che la vite era una semplice pianta pi fiura: un facia né ciuri, nè frutti. Venne la primavera e un contadino ( ca era rù bagghiu Abeli ccà di Birgi....), decise di tagliarla: "Questa pianta dà ombra ai seminati"... disse "...la ridurrò più piccola che sia possibile". Detto fatto: il contadino la potò così energicamente che della verde pianta non rimasero che pochi rami nudi e corti. La vite....chiancia.... e un usignolo ebbe pietà di lei: "Non piangere" disse "...io canterò per te, e le stelle si muoveranno a compassione....vedrai ! ".
Volò sui poveri rami tronchi, vi si afferrò con le unghiette e, giunta la notte, cominciò a cantare tanto dolcemente che la vite, in quella notte di primavera, si sentì via via rinascere. Per dieci notti, le note trillanti, del suo cinguettio, salirono verso le stelle, finché esse si commossero e fecero discendere un po' della loro forza sulla povera pianta mutilata. Allora la vite sentì scorrere in sé una linfa nuova; i suoi nodi si gonfiarono, le sue gemme si aprirono. I primi "pàmpini" verdi fremettero al tepore di primavera, ed i riccioli verdi, si allungarono per avvolgersi come una delicata carezza intorno alle zampette dell'uccellino. Quando l'usignolo volò via, già gli acini del primo grappolo cominciavano a dorarsi alla luce dell'alba. La vite era diventata una pianta colma di frutti. I suoi grappoli possedevano la forza delle stelle, la dolcezza del canto dell'usignolo, la luminosa letizia del calore delle notti d'estate....le notti di Birgi !
Chi viene, qui a Birgi - ma in tutto il marsalese- vede ancora queste piante ad alberello con grossi tralci aggrovigliati a fior di terra, dove affiorano i grappoli di un prezioso nettare che nella magia di una notte di primavera fino al calore delle notti estive gli intenditori chiamano ancora......"il nettare degli Dei" ! ....e qui ancora oggi, si magnifica il Vino "forte"..... quello buono di Birgi ! Ma per tutto ciò dobbiamo essere riconoscenti, alla buona conservazione e salvaguardia delle nostre tradizioni, da parte dei nostri agricoltori ......ed alla bella primavera di Birgi.....! ...u cuntu è lestu u cuntu è piaciutu e.........datimi a bbiviri ca unn'aju vivutu !
Canti di Lavoro : la vendemmia
A RACINEDDA
Nel ricordo delle esecuzioni :
* della compianta Marianna Merlino
* e della Cara Giuseppina Amati
da Mandanici (Me)
Origine: “Gruppo Folklorico ‘Sicilia Antica' – Mandanici –Me-
Io dumani a mmatinata mi nni vaju a vinnignari
La cchiù mmegghiu racinedda cogghiu e portu a lu parmentu.
cc'è Santuzza e Pippinedda e Turiddu ca geniu mi fa
E cugghennu racinedda pizzuluni e vasuni mi da
Cugghennu Cugghennu sta racinedda Turiddu dici cchiù dduci si ttù
Fammi vasari sta vicca beddra io poi l'abbrazzu e cci ricu di sì.
Arrivannu a mmenzu jornu tutti nzemi arripusamu poi davanti a lu parmentu tutti nzemmula manciamu
poi cci sunnu friscaletti e Turiddu ballari mi fà
poi mi strinci forti forti quasi quasi affruntari mi fa.
Cugghennu cugghennu…………
Poi la sira quannu scura a la casa nui turnamu
Pi la strata caminannu canzuneddi nui cantamu
Su canzuni tutti amuri ca Turiddu mi cantaaccussì
Ciatu miu vogghiu a ttia iò l'abbrazzu e cci ricu di sì.
Cugghennu Cugghennu………