Il sen. Genovese del Pd a Fi con seguito di 10 consiglieri.
10-12-2015 18:02 - News Sicilia
Le ideologie sono finite, si continua a ripetere. Ormaiai, però, anche valori, princìpi, ideali sono retaggi del passato. D transito del senatore Francantonio Genovese dal Pd a Fi lo conferma. In Sicilia, a dir la verità, i passaggi da un partito a un altro sono stati sempre più frequenti che nell'Italia continentale.
C'è un elemento regionale che favorisce le transumanze: il notabilato, se vogliamo così indicare la capacità di attrattiva di esponenti locali. Altri potrebbero parlare di clientelismo, per tacere di chi vorrebbe leggervi sostrati manosi. Non si capirebbe, altrimenti, la capacità di farsi rieleggere in partiti distanti e opposti (per più legislature, anche con repentini cambi di casacca), espressa da decine e decine di politici isolani.
Basterebbe ricordare, per risalire nei decenni, il barone messinese Sergio Marullo, nel cui curricolo di deputato regionale prima, di senatore poi, si annoverarono tanto il Movimento sociale quanto il Partito socialista di unità proletaria, così i monarchici come la Sinistra indipendente, per tacere del partito dei contadini e dell'Unione siciliana cristiano sociale. Sempre eletto, quale che fosse la contingente sigla politica.
Per venire ai giorni nostri, è segnalato un primato di turismo politico per la nuova capogruppo del Pd nell'Assemblea regionale siciliana, Alice Anselmo, la quale ha tenuto a precisare che dall'ottobre 2012 (ultime elezioni regionali) a oggi ha girato non sette gruppi, come asseriscono i malevoli, ma soltanto sei. Accanto a partiti noti, come l ' Udc e il Pd, la deputata regionale è transitata per movimenti la cui conoscenza fuori della Trinacria non è popolare, come «Articolo 4» e «Democratici e riformisti». Che, dunque, un ras ben abbarbicato nel territorio, quale è deputato Genovese, passi da un partito a uno antitetico, in Sicilia fa poco effetto. Semmai c'è da restare perplessi alla notizia che dieci consiglieri comunali di Messina starebbero per seguire le sue orme, approdando in Fi.
In certo modo, è la conferma del seguito personale del notabile; ma francamente desta impressione l'abbandono di dieci consiglieri di un consesso solo, in una volta sola. Fatta la tara per la sicilianità dell'evento (che ha sollevato scompensi e irritazioni nella stessa Fi regionale, evidentemente per gli squilibri che crea nei rapporti interni di potere), siamo in ogni modo di fronte alla conferma dell'avvenuto trapasso da un mondo a un altro.
Se negli anni cinquanta e sessanta le scissioni avevano forti motivazioni politiche (pensiamo al tormentato universo socialista), ormai riesce difficile pensare che gli incessanti trasferimenti da un partito a un altro e le frequenti nascite di nuovi movimenti dipendano da visioni politiche. Semmai, molti vanno alla ricerca di una sistemazione personale: scontenti per quella attuale, timorosi di rimetterci posti e potere e sicurezza di avvenire, cambiano partito con facilità. Quando nel corso di una legislatura i mutamenti di gruppo investono un quinto e più dei parlamentari (è il caso odierno), è palese che tanti sommovimenti non sorgono per laceranti drammi di coscienza.
C'è un elemento regionale che favorisce le transumanze: il notabilato, se vogliamo così indicare la capacità di attrattiva di esponenti locali. Altri potrebbero parlare di clientelismo, per tacere di chi vorrebbe leggervi sostrati manosi. Non si capirebbe, altrimenti, la capacità di farsi rieleggere in partiti distanti e opposti (per più legislature, anche con repentini cambi di casacca), espressa da decine e decine di politici isolani.
Basterebbe ricordare, per risalire nei decenni, il barone messinese Sergio Marullo, nel cui curricolo di deputato regionale prima, di senatore poi, si annoverarono tanto il Movimento sociale quanto il Partito socialista di unità proletaria, così i monarchici come la Sinistra indipendente, per tacere del partito dei contadini e dell'Unione siciliana cristiano sociale. Sempre eletto, quale che fosse la contingente sigla politica.
Per venire ai giorni nostri, è segnalato un primato di turismo politico per la nuova capogruppo del Pd nell'Assemblea regionale siciliana, Alice Anselmo, la quale ha tenuto a precisare che dall'ottobre 2012 (ultime elezioni regionali) a oggi ha girato non sette gruppi, come asseriscono i malevoli, ma soltanto sei. Accanto a partiti noti, come l ' Udc e il Pd, la deputata regionale è transitata per movimenti la cui conoscenza fuori della Trinacria non è popolare, come «Articolo 4» e «Democratici e riformisti». Che, dunque, un ras ben abbarbicato nel territorio, quale è deputato Genovese, passi da un partito a uno antitetico, in Sicilia fa poco effetto. Semmai c'è da restare perplessi alla notizia che dieci consiglieri comunali di Messina starebbero per seguire le sue orme, approdando in Fi.
In certo modo, è la conferma del seguito personale del notabile; ma francamente desta impressione l'abbandono di dieci consiglieri di un consesso solo, in una volta sola. Fatta la tara per la sicilianità dell'evento (che ha sollevato scompensi e irritazioni nella stessa Fi regionale, evidentemente per gli squilibri che crea nei rapporti interni di potere), siamo in ogni modo di fronte alla conferma dell'avvenuto trapasso da un mondo a un altro.
Se negli anni cinquanta e sessanta le scissioni avevano forti motivazioni politiche (pensiamo al tormentato universo socialista), ormai riesce difficile pensare che gli incessanti trasferimenti da un partito a un altro e le frequenti nascite di nuovi movimenti dipendano da visioni politiche. Semmai, molti vanno alla ricerca di una sistemazione personale: scontenti per quella attuale, timorosi di rimetterci posti e potere e sicurezza di avvenire, cambiano partito con facilità. Quando nel corso di una legislatura i mutamenti di gruppo investono un quinto e più dei parlamentari (è il caso odierno), è palese che tanti sommovimenti non sorgono per laceranti drammi di coscienza.
Di Cesare Maffi - Italia Oggi