21 Novembre 2024

Un libro per riscoprire Benedetto XVI

Inizio con una frase altisonante: “senza Dio l'uomo si perde”. Iniziare così significa rischiare di non essere letti. Eppure sono i fatti di cronaca di bruta violenza che confermano la frase iniziale. Ogni giorno i servizi televisivi mostrano una deriva impietosa della nostra società. Servizi però che non riescono a dare delle risposte. Ma cosa sta succedendo? «L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?[...] Ma quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’hybris del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, “perde” sempre di più la vita», sono parole di Benedetto XVI, che in tutto il suo Magistero ci ricorda che dobbiamo ritornare a Dio.

Non c'è bisogno di essere degli integralisti cattolici per accogliere le parole del Papa emerito come un avvertimento saggio e ponderato, come il segno di preoccupazione di un magistero [...]”, lo scrive Riccardo Pedrizzi nel suo ultimo libro, “Joseph Ratzinger-Benedetto XVI: La ragione dell'uomo sulle tracce di Dio”, edizioni Cantagalli (2023) Si tratta di un breve saggio di 77 pagine che raccoglie articoli e interventi dell'ex senatore Pedrizzi sulla figura di Benedetto XVI. Da questi vari interventi emerge che tutto il pontificato di Papa Ratzinger,“ha cercato di avvicinare Dio agli uomini e gli uomini a Dio. Scrive il Cardinale Giovanni Battista Re nella prefazione - “In diverse occasioni ci ha ricordato che il nostro mondo non potrà essere veramente umano senza il sole di Dio nel suo orizzonte, perché solo in Dio si trova adeguata risposta al suo desiderio di felicità”.

L'agile libro di Pedrizzi, potrebbe essere un ottimo e sintetico testo di introduzione per la conoscenza e lo studio del grande pontefice tedesco. Qualcosa di simile l'ho fatto anch'io con il mio saggio sintetico su san Giovanni Paolo II, l'altro gigante della Chiesa del Novecento. Del resto Pedrizzi fa spesso riferimento all'immenso Magistero di san Giovanni Paolo II. Lo stesso Papa Ratzinger durante un'intervista riferendosi al suo predecessore, parlando dei tanti documenti che ci ha lasciato (tra cui 14 encicliche e molte lettere pastorali), spiegò:“tutto questo rappresenta un patrimonio ricchissimo che non è ancora sufficientemente assimilato nella Chiesa. Lo considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l'autentica interpretazione del Vaticano II”.

Il libro è introdotto da Gianni Letta, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in tutti i governi guidati da Silvio Berlusconi. Letta sottolinea l'impegno culturale che continua a dare Pedrizzi con la pubblicazione di questo libro insolito per un politico (non siamo abituati a questo genere di impegno). Per Letta, l'autore del libro mostra di conoscere e di aver studiato nella sua complessità l'opera di Papa Benedetto, e soprattutto individua due punti essenziale nella miniera ratzingeriana: 1) Benedetto non tollera che la questione su Dio sia tagliata fuori dal campo della ragione; 2) Dio non può essere estromesso dalla vita pubblica, e ridotto a questione privata.

Letta nel suo intervento fa anche riferimento all'importante libro “Senza radici”, che prima di diventare papa, l'allora cardinale Ratzinger, ha scritto insieme a Marcello Pera, allora presidente del Senato. In quel libro il cardinale fece una importante considerazione, sull'Europa che rifiuta le proprie radici cristiane: “l'Occidente non ama più se stesso: della sua storia ormai vede soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo mentre non è più in grado di percepire ciò che è più grande e puro”. Ecco a dieci anni da quel libro Padrizzi ripropone un dialogo a distanza su quei temi. Il saggio è composto di dodici brevi argomenti dove c'è un solo protagonista: Ratzinger – Benedetto XVI. Alla fine c'è la postfazione di Giuseppe De Lucia Lumeno.

Papa Ratzinger ci lascia una grande eredità, stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, rappresenta il custode del magistero cattolico. E' sempre stato in prima linea nel combattere la buona battaglia spirituale per riaffermare e ribadire la necessità per l'Europa e per l'Occidente di non smarrire il ricordo e l'ancoraggio alla Fede in Gesù Cristo. Sia quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che da Papa, ha sempre rammentato i rischi della deriva relativista, delle ideologie nichiliste, dello smarrimento della propria identità spirituale dell'Europa, del pensiero debole. Da sempre è stato accusato di essere il “portabandiera di una concezione reazionaria del mondo”, accuse che non lo hanno mai scosso, ha sempre continuato con determinazione e con serenità la sua missione evangelizzatrice.

Ratzinger, grande custode della fede, fu il migliore erede che potesse avere Giovanni Paolo II, si occupò di tutti i temi più importanti, da quelli di impronta teologica, il celibato dei preti, gli abusi liturgici, a quelli di carattere etico-sociale, come la difesa e promozione della vita e della famiglia, a quelli di carattere “politico”, come la rivendicazione del ruolo pubblico del cristianesimo. Fino al dovere dell'elettore e del politico cattolico di essere coerente, assoluta fedeltà ai valori della tradizione, ai cardini del magistero. Il suo programma pastorale fu quello di non piegare la testa, contro le due più grandi insidie del nostro tempo: il relativismo etico e il nichilismo libertario. Quello di Benedetto XVI fu un pontificato conservatore e innovatore nello stesso tempo, come quello di Wojtyla. “Benedetto XVI è stato una roccia, un nocchiero della Chiesa, il Papa della fermezza e dell'amore, dell'intransigenza e della tenerezza della Verità del Vangelo, prima forma di carità”.

Pedrizzi affronta il tema dell'attacco che ha subito papa Ratzinger dopo il discorso di Ratisbona. Volutamente equivocato da alcuni, ma il papa disse che “la fede è profondamente ragionevole e che essa deve essere proposta e non può essere imposta”. Non offese l'Islam, il suo invece fu “un invito a riscoprire ciò che unisce i cristiani e i musulmani; una convinta esortazione al dialogo e al confronto franco[...]”.

Tuttavia per Benedetto XVI, la minaccia alla nostra religione, alla nostra identità cristiana, viene dal relativismo etico, dal nichilismo libertario, dal laicismo, dalla secolarizzazione, tutti fattori come un virus che hanno infettato il nostro modo di pensare e di vivere, la nostra società, europea e occidentale. Comunque il Papa conferma che le nostre radici religiose e culturali non si difendono negando quelle degli altri, non dobbiamo avere paura delle identità degli altri, la migliore “medicina” è quella “di riscoprire e riaffermare la nostra, tornare ad essere cristiani, incarnare i principi e i valori in cui diciamo di credere”.

Nel testo troviamo altre importanti riflessioni poste all'attenzione dei lettori, Pedrizzi fa un ringraziamento pubblico a Ratzinger per la difesa dei principi non negoziabili, principi oggettivi di legge naturale, che non sono confessionali o clericali. Per esempio la difesa della vita non è una prerogativa di un credo religioso o fede politica. Come dico spesso, fare figli conviene a tutti, non solo alla Chiesa. Ultimi temi affrontati sono quelli della nociva “Teologia della Liberazione”, diffusa soprattutto negli ambienti della Chiesa del Sud America. Interessanti infine, le considerazioni sulle “minoranze creative” auspicate dal Papa all'interno della Chiesa,“saldi nella sana dottrina, devono tornare ad essere quei poli d'attrazione che facciano interrogare nuovamente l'uomo del nostro tempo e convincerlo, con l'esempio, che è meglio vivere scommettendo su Dio piuttosto che farne a meno o metterlo tra parentesi”.
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