Silvio Berlusconi, l'Imprenditore "prestato alla politica"
15-06-2023 12:25 - Il PUNTO DI....Domenico Bonvegna.
Ho assistito alla “discesa in campo” di Berlusconi nella politica dalla Sicilia, fresco del trasferimento da Milano. Tra le tante mosse del cavaliere ho apprezzato il suo chiaro ed evidente anticomunismo, senza ambiguità, non solo nelle sue dichiarazioni ma soprattutto quando ha “offerto” ai suoi militanti di Forza Italia il volume appena uscito de “Il Libro Nero del comunismo”. Un altro particolare intervento che non mi è sfuggito è stato quando Berlusconi è intervenuto alla festa dei giovani del PDL “Atreju”, con una battuta, ha mandato all’aria centocinquanta anni di storiografia ufficiale.
Sponsorizzando uno dei libri di Angela Pellicciari, (Risorgimento da riscrivere) in quell'occasione, Berlusconi ha testualmente detto: “in preparazione per l’anno 2011 del centocinquantenario della storia d’Italia consiglio a tutti ragazzi e meno ragazzi di andare a rivedere la nostra storia degli ultimi 150 anni” perché “è stata raccontata in una maniera diversa dalla realtà quindi credo che per una esigenza di verità sia bene per tutti andarsi a rinfrescare la memoria o a correggere ciò che è stato scritto erroneamente”. “Musica per le mie orecchie”, io che da una vita studio testi controcorrenti e revisionisti. Qualcuno potrà obiettare che forse il cavaliere è stato ”imbeccato” da qualche solerte consigliere, sarà così, intanto l'ha dichiarazione è stata fatta.
In questi giorni com'era prevedibile stiamo assistendo a un profluvio di commenti, sulla figura di Silvio Berlusconi. Anch'io voglio contribuire a lasciare qualche messaggio. Naturalmente il mio intervento non ha la pretesa di tracciare un profilo del cavaliere e neanche della sua politica. Tra i tanti profili che ho ascoltato, quello più toccante, insuperabile e completo è stato del giornalista Toni Capuozzo. L'ha definita una “lettera” indirizzata al Presidente. Una biografia ben fatta, un prosit a Capuozzo, un professionista veramente serio. Un'altra “Lettera” che voglio fare riferimento, è quella di Giorgia Meloni, pubblicata oggi dal Corriere della Sera. E se come afferma il sociologo Giovanni Orsina, autore di un fondamentale saggio sul “Berlusconismo nella storia d’Italia” (Marsilio, 2013).
In questi giorni com'era prevedibile stiamo assistendo a un profluvio di commenti, sulla figura di Silvio Berlusconi. Anch'io voglio contribuire a lasciare qualche messaggio. Naturalmente il mio intervento non ha la pretesa di tracciare un profilo del cavaliere e neanche della sua politica. Tra i tanti profili che ho ascoltato, quello più toccante, insuperabile e completo è stato del giornalista Toni Capuozzo. L'ha definita una “lettera” indirizzata al Presidente. Una biografia ben fatta, un prosit a Capuozzo, un professionista veramente serio. Un'altra “Lettera” che voglio fare riferimento, è quella di Giorgia Meloni, pubblicata oggi dal Corriere della Sera. E se come afferma il sociologo Giovanni Orsina, autore di un fondamentale saggio sul “Berlusconismo nella storia d’Italia” (Marsilio, 2013).
L’erede di Silvio Berlusconi è propria Giorgia Meloni. Anche se per lui si tratta di “un’eredità che non è stata trasmessa, ma rubata”, mi sembra un atto fondamentale quasi come una sorta di scambio di “testimone”. "Esce di scena da protagonista [...]Sul suo nome gli italiani si sono divisi e il giudizio della storia sarà diverso da quello della cronaca". La sua scomparsa non cancellerà tutto il suo operato che ha rivoluzionato l'Italia. La Meloni ha inteso sottolineare una differenza di merito tra chi ha fatto opposizione politica in maniera civile e chi invece ha utilizzato "mezzi impropri per provare a sconfiggerlo".
Sostanzialmente alla fine di questa storia per la Meloni gli sconfitti sono proprio gli avversari di Berlusconi. Che peraltro in queste ore ci sono quelli che non sono riusciti ad evitare i soliti stereotipi e l'ondata di odio provenienti da una certa parte della sinistra nostrana. Il capo del governo ha spiegato le ragioni che hanno portato gli italiani a provare una naturale empatia per Berlusconi: "Dall'essere uno di loro, uno che ce l'aveva fatta e che non apparteneva a quei mondi esclusivi e inaccessibili, tipici delle storiche famiglie influenti italiane". Il merito di Berlusconi è quello di essere arrivato a Palazzo Chigi in veste di presidente del Consiglio dopo essersi affermato nel settore privato. Meloni l'ha definito l'imprenditore prestato alla politica "che rompeva uno schema ormai consolidato in Italia". Tra i tanti traguardi raggiunti il Cavaliere ne ha sempre rivendicato uno con particolare orgoglio: aver impedito ai comunisti di prendere il timone del nostro Paese.
Meloni ha inteso sottolineare l'anticomunismo del Cavaliere, riconoscendo all'ex leader azzurro di aver fatto sì che i postcomunisti non "prendessero il potere in Italia pochi anni dopo il crollo dell'Unione Sovietica, che aveva sancito la fine del comunismo in Europa". Infine Meloni ha voluto sottolineare la fase importante della politica estera di Berlusconi: "un formidabile difensore del nostro interesse nazionale e del nostro tessuto produttivo e sociale". "È questa la grande eredità che Berlusconi lascia all'Italia. Ne sapremo fare buon uso. Grazie Silvio", ha concluso il capo del governo.
Sulla figura di Berlusconi imprenditore è soffermato lo studioso di Alleanza Cattolica Oscar Sanguinetti (In morte di Silvio Berlusconi, 12.6.23, alleanzacattolica.org). Certamente Berlusconi può essere definito un imprenditore “prestato alla politica”. Ma vi sono due specie di imprenditori.“l’imprenditore vero, quello che rischia del suo e guida — pallido barbaglio del cavaliere medioevale — l’impresa, quello contaminato dall’odore delle sue maestranze, quello che guadagna una fortuna ma la investe creando posti di lavoro; e poi vi è l’altra figura, quella del tecnico capitalista, banchiere o finanziere, che ha molte incarnazioni in Italia: Amato, Prodi, Ciampi, Monti e infine, il top: Mario Draghi.
Sulla figura di Berlusconi imprenditore è soffermato lo studioso di Alleanza Cattolica Oscar Sanguinetti (In morte di Silvio Berlusconi, 12.6.23, alleanzacattolica.org). Certamente Berlusconi può essere definito un imprenditore “prestato alla politica”. Ma vi sono due specie di imprenditori.“l’imprenditore vero, quello che rischia del suo e guida — pallido barbaglio del cavaliere medioevale — l’impresa, quello contaminato dall’odore delle sue maestranze, quello che guadagna una fortuna ma la investe creando posti di lavoro; e poi vi è l’altra figura, quella del tecnico capitalista, banchiere o finanziere, che ha molte incarnazioni in Italia: Amato, Prodi, Ciampi, Monti e infine, il top: Mario Draghi.
Cioè, chi ha sempre trafficato il denaro ma quasi mai il suo, bensì quello dei contribuenti”. Quale sia da preferire — ovviamente se non si può scegliere un politico puro e di statura elevata — è facile dirlo: è il primo”. Naturalmente le sue virtù imprenditoriali forgiate e collaudate nell’agone della lotta economica sono più simili — anche se non uguali — alle virtù che il politico deve avere per svolgere al meglio il suo compito.
Poi Sanguinetti ricorda alcune originalità del Cavaliere nel campo dell'imprenditoria e poi in quello politico. Temi che sono stati evidenziati anche da altri commentatori.
Nato dal nulla, salito sino ai vertici dell’imprenditoria italiana, ha coltivato con passione le sue aziende — a loro volta non poco innovative nel panorama dell’industria italiana — immobiliari, mediatiche e calcistiche, ma ha anche avuto sempre un chiodo fisso: l’economia italiana dipendeva troppo dalla politica, troppo Stato invadeva l’economia, e troppa politica e troppo Stato significavano allora troppa sinistra. In pratica Berlusconi capiva che l’economia del quarto Paese più industrializzato — all’epoca —, in una epoca di forti cambiamenti e di incipiente crisi del modello socialista ovunque nel mondo non poteva fare da sgabello alla sinistra. Così, “vedrà sempre il suo successo come mattoni tolti da sotto i piedi del potere antifascista a dominante comunista instauratosi in Italia nel secondo dopoguerra. La sua discesa in politica nel 1994, - scrive Sanguinetti - quando lo strapotere delle sinistre, dopo Tangentopoli, concretizzava la prospettiva di un ingresso dei post-comunisti nel governo di Roma va letta anche in questa chiave”.
Poi Sanguinetti ricorda alcune originalità del Cavaliere nel campo dell'imprenditoria e poi in quello politico. Temi che sono stati evidenziati anche da altri commentatori.
Nato dal nulla, salito sino ai vertici dell’imprenditoria italiana, ha coltivato con passione le sue aziende — a loro volta non poco innovative nel panorama dell’industria italiana — immobiliari, mediatiche e calcistiche, ma ha anche avuto sempre un chiodo fisso: l’economia italiana dipendeva troppo dalla politica, troppo Stato invadeva l’economia, e troppa politica e troppo Stato significavano allora troppa sinistra. In pratica Berlusconi capiva che l’economia del quarto Paese più industrializzato — all’epoca —, in una epoca di forti cambiamenti e di incipiente crisi del modello socialista ovunque nel mondo non poteva fare da sgabello alla sinistra. Così, “vedrà sempre il suo successo come mattoni tolti da sotto i piedi del potere antifascista a dominante comunista instauratosi in Italia nel secondo dopoguerra. La sua discesa in politica nel 1994, - scrive Sanguinetti - quando lo strapotere delle sinistre, dopo Tangentopoli, concretizzava la prospettiva di un ingresso dei post-comunisti nel governo di Roma va letta anche in questa chiave”.
Con questo progetto Berlusconi non poteva che essere attaccato o essere distrutto. Dal momento della sua discesa in politica, la Sinistra ha mobilitato tutti i suoi apparati da quello o culturale, sociale, politico sindacale, dichiarandogli guerra. Si può tentare un bilancio dell'avventura politica del Cavaliere?. Come in tutte le vicende umane, ci sono luci ed ombre. Probabili che le ombre sono molto meno. Certo “non ha combattuto tutte le battaglie per la vita e per la famiglia, ma quanto meno non si è schierato dall’altra parte: quando ha potuto, forse incalzato ma generoso, si è reso disponibile a salvare il più debole, come nel caso di Eluana Englaro”. Non era un liberal, era un liberale e non un conservatore. Non era certo un uomo religioso ma, spesso tirando in ballo la zia suora, rispettava la religione cattolica e non favoriva nulla che la ledesse.
Anzi, quando la Cei è stata guidata da mons. Camillo Ruini vi è stato parecchio terreno per un’azione comune sulle sempre più scottanti e centrali questioni bioetiche. Infine Sanguinetti fa riferimento all'odio tenace che gli hanno riservato tanti odiatori seriali, alcuni senza pudore si sono distinti anche oggi. Tanto per fare qualche nome la piddina Rosy Bindi (è riuscita a far parlare di sé) che contesta le esequie ufficiali a Berlusconi, reo di essere un divisivo. La Bindi ha scoperto l'acqua calda, ha dimenticato che anche Nostro Signore Gesù Cristo è divisivo. E poi un rettore di università che scrivendo una lettera a dir poco farneticante, si rifiuta di ammainare la bandiera della sua università. A tutti gli odiatori di professione farebbe bene ascoltare le edificanti parole dell'omelia di di monsignor Delpini.
“Un odio tenace ripagato però con altrettanta tenacia, con una serie inimmaginabile di risurrezioni e di ritorni sulla scena, dopo l’infinita serie di processi imbastiti contro di lui e contro le sue aziende dalla magistratura “rossa”, specialmente dopo la grave impasse seguita alla sua condanna definitiva al carcere, alla privazione dei diritti civili e dei titoli onorifici”.
Altro merito che si può attribuire a Berlusconi è che il processo rivoluzionario in Italia è proceduto meno spedito e ha trovato ostacoli. Non solo: “grazie a lui è avvenuto anche il relativo sdoganamento della destra politica, che con i suoi governi è tornata, non dico al centro, ma nel novero delle forze politiche legittimate a governare. I governi di centro-destra da lui presieduti hanno cercato di rompere la gabbia “giacobino”-socialista che dai primi anni 1960 gravava sulla politica italiana, di ridare respiro all’iniziativa privata, di ridisegnare un ruolo di prestigio per l’Italia nello scenario delle nazioni e delle istanze sovra-nazionali. Certo, ci si aspettava di più e gli anni della sua impotenza sono coincisi con avanzate irrimediabili dell’ideologia che egli combatteva. Ma così è stato, la sua storia è ormai, appunto, storia”.
Con il funerale di Silvio Berlusconi nel Duomo di Milano si è conclusa la vicenda terrena di Silvio Berlusconi, però “la sua eredità rimane e la folla che lo ha accompagnato per l’ultimo saluto durante i funerali di Stato è la conferma che è morto un uomo importante, che ha dato un’impronta alla storia italiana dell’ultimo mezzo secolo costruendo “qualcosa” che è molto di più del partito che ha fondato e che rimane presente nel sentire comune della nazione italiana”. Scrive Marco Invernizzi, (“Il berlusconismo dopo Berlusconi, 14.6.23, alleanzacattolica.org)
Che cosa sia questo “qualcosa” è quanto si dovrà indagare e scoprire nei prossimi mesi e anni, studiando la storia del berlusconismo e appunto ciò che ne rimane e rimarrà nel tempo. Naturalmente sarà utile lo studio del professore Orsina, uno che ha studiato e compreso il fenomeno Berlusconi. Le sue analisi profonde sono lontane dall’ossessione odiosa degli antiberluscones ma anche dall’esaltazione “a prescindere” dei suoi sostenitori.
“Un odio tenace ripagato però con altrettanta tenacia, con una serie inimmaginabile di risurrezioni e di ritorni sulla scena, dopo l’infinita serie di processi imbastiti contro di lui e contro le sue aziende dalla magistratura “rossa”, specialmente dopo la grave impasse seguita alla sua condanna definitiva al carcere, alla privazione dei diritti civili e dei titoli onorifici”.
Altro merito che si può attribuire a Berlusconi è che il processo rivoluzionario in Italia è proceduto meno spedito e ha trovato ostacoli. Non solo: “grazie a lui è avvenuto anche il relativo sdoganamento della destra politica, che con i suoi governi è tornata, non dico al centro, ma nel novero delle forze politiche legittimate a governare. I governi di centro-destra da lui presieduti hanno cercato di rompere la gabbia “giacobino”-socialista che dai primi anni 1960 gravava sulla politica italiana, di ridare respiro all’iniziativa privata, di ridisegnare un ruolo di prestigio per l’Italia nello scenario delle nazioni e delle istanze sovra-nazionali. Certo, ci si aspettava di più e gli anni della sua impotenza sono coincisi con avanzate irrimediabili dell’ideologia che egli combatteva. Ma così è stato, la sua storia è ormai, appunto, storia”.
Con il funerale di Silvio Berlusconi nel Duomo di Milano si è conclusa la vicenda terrena di Silvio Berlusconi, però “la sua eredità rimane e la folla che lo ha accompagnato per l’ultimo saluto durante i funerali di Stato è la conferma che è morto un uomo importante, che ha dato un’impronta alla storia italiana dell’ultimo mezzo secolo costruendo “qualcosa” che è molto di più del partito che ha fondato e che rimane presente nel sentire comune della nazione italiana”. Scrive Marco Invernizzi, (“Il berlusconismo dopo Berlusconi, 14.6.23, alleanzacattolica.org)
Che cosa sia questo “qualcosa” è quanto si dovrà indagare e scoprire nei prossimi mesi e anni, studiando la storia del berlusconismo e appunto ciò che ne rimane e rimarrà nel tempo. Naturalmente sarà utile lo studio del professore Orsina, uno che ha studiato e compreso il fenomeno Berlusconi. Le sue analisi profonde sono lontane dall’ossessione odiosa degli antiberluscones ma anche dall’esaltazione “a prescindere” dei suoi sostenitori.