Tanta fede e tanta guerra prima della cristianità europea.
30-08-2019 09:36 - Il PUNTO DI....Domenico Bonvegna.
Alberto Leoni, storico e soprattutto esperto di arte militare, in un denso e ben documentato libro, «L'Europa prima delle crociate. Fede & guerre nella formazione della Cristianità occidentale», edito dalle edizioni Ares (2010) racconta appassionatamente come l'Occidente, l'Europa è diventata cristiana. Si tratta di 280 pagine, suddivise in otto capitoli, tutte da leggere. Non credo di esagerare, ma Leoni, ha creato un atlante, un dizionario storico di battaglie, di guerre, di invasioni, Imperi, principati, popoli, dove sono protagonisti, principi, re, regine, imperatori, vescovi, Papi.
Un libro che tratta di uno spazio geografico che va dal Mediterraneo al mare del Nord, dalle coste dell'oceano Atlantico alle pianure germanico-slave, fino alle terre di Bisanzio e agli altopiani iranici. Un testo che dovrebbe essere utilizzato nelle facoltà di Storia e Filosofia delle università. Si tratta di un percorso, di un viaggio anche geografico tra le terre ricche e floride dell'Europa occidentale. Un viaggio che dura ben 9 secoli.
Il testo di Leoni, si occupa del periodo storico che va dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente fino all'indizione della Prima Crociata nel 1095 da Urbano II. E' un periodo che ancora oggi si trova nella nebbia più fitta, per non parlare poi dell'Impero romano d'Oriente.
Le “crociate”, secondo Leoni, non nascono nel novembre del 1095, «come se Urbano II si fosse alzato dal letto col piede sbagliato, inventandosi un Cristianesimo militare che prima non esisteva. Ancora oggi – ci tiene a precisare lo storico – soprattutto all'interno della Chiesa, esiste un complesso di colpa o un senso di minorità, rispetto ai non cattolici, per un dato evidente: lo scandalo e la contraddizione con cui la Chiesa è passata dal messaggio di pace di Gesù Cristo ai massacri di donne e bambini, ad Antiochia e a Gerusalemme, in nome di quello stesso Cristo, vero Uomo e vero Dio».
Ovviamente come ogni scrittore o storico serio sa benissimo che la Chiesa ha dovuto difendersi con le armi sia contro l'imperatore tedesco che contro i pirati saraceni. E poi che i cristiani hanno dovuto combattere contro i mori in Spagna e che andando ancora indietro nella Storia, che i pagani Ungari, Vichinghi e Saraceni sono stati sconfitti da eserciti che innalzavano vessilli sacri e spesso guidati da vescovi.
«Tutti questi secoli di storia sono ben poco conosciuti, anche per un'obiettiva scarsità di fonti: eppure la massa di fatti, concetti, speranze e istituzioni maturati in quei lunghi “secoli bui” è decisiva per far comprendere perché Urbano II, quel martedì, non improvvisò una nuova teoria e una nuova prassi, ma scelse un mezzo, sicuramente originale e inaudito, che univa tradizioni e potenzialità diverse tra loro ed esistenti da lungo tempo».
Leoni è consapevole che ricostruire, pezzo per pezzo, tutti quegli avvenimenti sanguinosi e drammatici che portò l'Europa a proiettarsi fuori dai propri confini, non è facile, non è soprattutto un mero gusto intellettuale. Ma studiare quei secoli sarà utile per noi cristiani afflitti dal nostro secolo scristianizzato. «Rivivere i secoli nei quali tutto sembrò perduto, dopo la fine dell'Impero romano d'Occidente: e rivivere quegli anni, invero “formidabili”, in cui i cristiani salvarono l'Europa per ben due volte, “sperando contro ogni speranza”, combattendo, morendo, lavorando, sposandosi e facendo figli per il Regno».
Ecco perchè è importante studiare quei secoli, perché assomigliano molto all'epoca in cui viviamo. In tempi di crisi nera, «è consolante contemplare il volto di un Eraclio, di un Alfredo di Wesswx e trovare in loro quella determinazione, quella coscienza, quel coraggio semplicemente umano che, oggi, sembrano mancarci molto più di qualsiasi bene materiale».
Nel primo capitolo, Leoni indaga sulle origini della tradizione militare cristiana, ponendo la sua attenzione sulle gesta dei cittadini, dei legionari e dei martiri. Il testo com'è prevedibile è un profluvio di nomi, di imperatori, di combattenti e di battaglie, naturalmente con le immancabili citazioni di autorevoli studiosi. Leoni si pone l'obiettivo di colmare contraddizioni e lacune e soprattutto di superare certi luoghi comuni: «la Chiesa, inizialmente ostile al servizio militare, diventa improvvisamente favorevole alla guerra dopo la conquista del potere imperiale da parte di Costantino». E' in questo periodo che la cavalleria nata dai barbari, dopo essere stati convertiti al cristianesimo si salderà con i miles, protagonisti con le crociate.
E' un quadro storico che va ricomposto considerando «l'uomo di allora, il soldato di allora, il cristiano di allora, il suo modo di vivere, di ragionare, di combattere, il quadro politico e militare in cui si trovò a operare determinate scelte».
Già in questo capitolo, Leoni manifesta la propria esperienza di profonda conoscenza dell'arte militare, in particolare quando espone le caratteristiche del soldato romano, poi divenuto cristiano e soprattutto della nascita della cavalleria medievale a cominciare dai tempi di Costantino. Interessanti i passaggi della descrizione della cavalleria quando ne sottolinea la sua mobilità strategica nelle varie battaglie, come quella di Adrianopoli. Citando Alberto Barzanò, che in un suo saggio riporta una messe di dati e citazioni di cristiani a favore del servizio militare: da papa Clemente I agli apologeti Tertulliano e Atenagora.
Interessanti i riferimenti ai numerosi martiri sotto l'imperatore Diocleziano. L'esempio di S. Sebastiano, «messo a morte non per aver disertato, ma per aver duramente apostrofato lo stesso Diocleziano, colpevole di aver ordinato un massacro insensato di
fedeli cittadini e soldati». Il martirio collettivo della Legione Tebea.
Continuando la lettura del libro, nel II capitolo si fa menzione di avvenimenti, personaggi, di eroi, di condottieri sconosciuti alla maggioranza. Come non pensare agli eroici uomini e donne dell'Armenia, figlia primogenita della Chiesa, che ha dovuto combattere per anni e difendere la propria libertà. Significativa la risposta dei 17 vescovi e feudatari al re Yedzigerd II: «dalla fede cristiana nessuno può separarci: non il fuoco, né la spada, né l'acqua, né le più orribili torture [...]». E quando la Chiesa armena propone di canonizzare in massa tutti i caduti in battaglia, secondo Leoni, si comincia a manifestare profeticamente il concetto di «guerra giusta».
Il testo continua a fare riferimento a battaglie, eroi, condottieri, santi, tutti poco conosciuti, eppure hanno creato l'Europa. Intanto l'orda unna di Attila, fu fermata a Lutezia (l'odierna Parigi) da santa Genoveffa che rianimò la popolazione incitandola a resistere contro l'aggressore. Descrivendo la battaglia di Tolbiac (Vestfalia) dove i Franchi e i Burgundi affrontano gli Alamanni, Leoni ci fa capire il senso del combattere di allora, certamente non erano «eleganti manovre, ma cariche a testa bassa, seguite da un esplodere di frenesia omicida». E quando Clodoveo, re dei Franchi si trovò in difficoltà, «alzò gli occhi al cielo e chiese l'aiuto del Dio di sua moglie, offrendo, come pegno, la propria conversione».
Poi il re vinse inaspettatamente la battaglia e così dopo di fronte al vescovo Remigio, riceve il battesimo insieme a tremila uomini della sua guardia. Anche su questa circostanza sono stati avanzati dei dubbi. Comunque sia il battesimo di Clodoveo, più feroce di Costantino, più impulsivo di Teodosio, ha fatto nascere il primo Stato barbaro cattolico fondato sulle rovine dell'impero romano.
Leoni sul tema scrive: «l'adesione del re franco alla fede romana assicurò la vittoria del cattolicesimo sul paganesimo e sull'arianesimo in Occidente».
Il terzo capitolo il testo tratta della riconquista dell'impero romano ad opera di Giustiniano con la sua cavalleria, era suo diritto naturale riconquistare l'eredità di Roma. Il capitolo si sofferma sull'impero bizantino, Leoni ne traccia la complessa vita sociale e soprattutto le continue guerre di difesa dagli attacchi continui da parte dei popoli barbari. Quando sembrava la fine, la salvezza dell'impero arriva dalla periferia, l'uomo della provvidenza per i bizantini si chiama Eraclio, esarca di Cartagine. Con Eraclio, scrive Leoni, inizia l'impero greco-medievale.
Eraclio fu uno dei più grandi imperatori bizantini, è lui che ha riformato la macchina burocratica e amministrativa dell'impero ormai vecchio. Siamo nel 613 d.C.
Ma all'inizio fu un'impresa difficile la forza dei Persiani insieme agli ebrei arrivarono a conquistare Gerusalemme nel 614 e qui ci fu un massacro di ben 57 mila cristiani e oltre 37 mila furono trascinati prigionieri verso l'Iran. Il fatto che destò più spavento e terrore a «Costantinopoli fu il furto della reliquia più sacra della Cristianità: il “legno della Vera Croce”, trovato nascosto in un giardino su indicazione dei servi del Patriarca sottoposti a tortura». Naturalmente si può capire il grande sacrilegio, conoscendo la grande importanza che avevano le reliquie per gli uomini del Medioevo.
Eraclio intraprende la guerra contro i Persiani ma prima ha dovuto riformare l'esercito bizantino. Il territorio imperiale è stato suddiviso in themi (il Thema indica un corpo d'armata). «Il grande rinnovamento significava perciò un ritorno all'antico, all'esercito di cittadini e di soldati-contadini che traevano dalla proprietà fondiaria i mezzi per il proprio equipaggiamento». Leoni è convinto che l'esercito bizantino ha «una superiorità culturale, che il soldato di Bisanzio mantenne per secoli e, insieme a essa, una potenza spirituale che derivava dall'essere consacrato totalmente a Cristo e alla Chiesa». Inoltre Leoni sostiene che «la guerra della Vera Croce fu, probabilmente, la prima precrociata [...]».
Eraclio ha capito quale futuro spettava all'Impero romano d'Oriente: «una lunga e secolare guerra difensiva con occasionali offensive per riconquistare il terreno perduto. Per tale obiettivo era indispensabile possedere un esercito immediatamente mobilitabile, avendo come priorità il taglio dei costi di mantenimento».
Nel 621 si combatte la guerra della Vera Croce, Eraclio studio un testo lo Strategikondel valoroso Maurizio. Ancora oggi, si rimane stupefatti dall'acutezza delle osservazioni e dalla maturità del pensiero. Il 6 aprile del 622, Eraclio in Santa Sofia, vestito da guerriero, usciva tenendo alta sulla testa l'icona di Cristo acheropita (non dipinta da mano d'uomo), poi la presentò al suo esercito adunato di 100.000 uomini. «Fratelli, disse, nella guerra che noi intraprendiamo questo Dio ci sarà duce e signore; per lui è bella la pugna, sicura la vittoria.
Ecco io sono come uno di voi e con voi scendo sul campo e combatterò davanti a voi fino alla morte!». Dopo alterne vicende la lunga guerra con i persiani guidati dal solito Sharbaraz si conclude con l'offensiva di Eraclio il 14 settembre 629, quando fu deposta la Croce a Gerusalemme. Da quel giorno ogni anno la Chiesa festeggia l'avvenimento con la festa dell'esaltazione della Santa Croce.
Il quarto capitolo descrive l'espansione islamica dalla Siria alla Francia. La prima battaglia tra musulmani e cristiani avvenne già nel 629, quando Muhammad era ancora vivente. Man mano si comprese secondo Leoni che «nell'Arabia di Mohammad avessero forgiato una classe di guerrieri professionisti tra le più mortalmente efficienti della storia militare». Nel 638 gli islamici entrano in Gerusalemme, la Siria e la Palestina vengono conquistate. Costantinopoli viene assediata due volte. Qui Leoni descrive le varie battaglie navali intorno al Corno d'Oro. Tra offensive e contro offensive, migliaia di uomini perdono la vita su entrambi i fronti.
Intanto rinasce l'impero bizantino: «non era soltanto la sua burocrazia colta ed efficiente, la sua organizzazione superiore a quella di qualsiasi regno allora esistente, e nemmeno il suo esercito, addestrato, equipaggiato e pagato come nessun altro al mondo. Tutto questo – per Leoni – era fondato su una cultura secolare che, a sua volta, trovava la propria ragione di vita nell'ortodossia della fede, che cementava un Impero multirazziale, una società che aveva combattuto e vinto eresie come quella iconoclasta».
Da quando fu ristabilito il culto delle immagini si può far iniziare la rinascita politica, economica, artistica e militare dell'impero bizantino. Pertanto, «I cristiani d'Oriente avevano salvato la cultura propria e di tutto l'Occidente, e questa ritrovata originalità fu alla base di un nuovo slancio missionario verso i popoli slavi e di una serie di micidiali controffensive contro l'Islam».
Leoni riesce a ben descrivere alcuni corpi scelti di guerrieri, facendoli entrare, alcuni, nella leggenda. «Il vero punto di forza dell'esercito bizantino era la casta degli ufficiali, provenienti in gran parte dalla nobiltà e, in misura minore, dai ceti più umili». Leoni puntualizza che «l'ufficiale dell'Oriente romano era orgoglioso del suo coraggio, della sua forza, della sua abilità; si considerava incaricato di una grande missione: salvare la Cristianità da pagani e Saraceni e preservare dai barbari l'antica civilizzazione».
Nel 944 in una delle tante guerre contro gli Arabi, portò alla riconquista ad Edessa del sacro mandylion (probabilmente si tratta di quella che oggi è conosciuta come Sacra Sindone) giungeva a Costantinopoli, in un trionfo politico e religioso paragonabile alla riconquista della Vera Croce da parte di Eraclio.
Intanto l'Islam non si ferma, parte alla conquista dell'Europa, dalle puntate esplorative si passa alle vere conquiste. E qui è interessante il racconto di Leoni come gli eserciti musulmani hanno conquistato il debole regno visigoto, afflitto dal morbo autodistruttivo, peraltro ancora vivo nella nostra Europa.
E' incredibile per Leoni come un regno possa cadere sotto i colpi di 15.000 berberi. Anche se poi subentrano altri fattori come per esempio le porte di Toledo, di Siviglia e di altre città furono aperte dagli Ebrei. Tuttavia gli arabi furono fermati a Tolosa il 9 giugno del 721, dal duca Eudo d'Aquitania, per Leoni fu una vittoria epocale, ingiustamente sottovalutata. Da qui nasce la riconquista spagnola, poi affermatasi con la battaglia di Covadonga. Certo la prima vittoria dei cristiani spagnoli c'è stata «nei propri cuori, con la resistenza alla tentazione di abiurare il cristianesimo e di abbracciare l'Islam». E comunque Leoni racconta l'epopea della battaglia di Covadonga guidata dal nobile goto don Pelayo con i suoi montanari asturiani che combatteva per Cristo e la sua Chiesa. Infatti l'unica sua insegna era una croce di quercia.
Il capitolo si conclude con un'altra battaglia epocale, quella di Poitiers, con la vittoria di Carlo Martello.
Il quinto capitolo dedicato tutto a Carlo Magno e la formazione dell'Europa: la spada & la missione. «Vi sono momenti, nella Storia umana, nei quali individui o interi popoli sono chiamati a compiti sovrumani, molto superiori alle proprie qualità o ai propri meriti: è il caso di Carlo Magno e dei Franchi». Basterebbe questa introduzione di Leoni al capitolo per descrivere la grande opera compiuta da Carlo Magno. E ancora meglio la successiva citazione, sempre in riferimento ai Franchi: «I loro pregi, in fondo, sono stati fondamentalmente due: essere impavidi in battaglia e fedeli alla Chiesa, come nessun popolo lo era mai stato fino ad allora. Così un re e il suo popolo hanno costruito l'Europa, unendola con una serie di campagne militari e un'organizzazione amministrativa quali non si vedevano più dal tempo dell'impero romano».
Abbiamo visto che in poco più di settant'anni dalla morte del profeta, la Dar al Islam, la casa della sottomissione ai precetti del Corano, si era estesa dall'Armenia fino all'Oceano Atlantico. Ora c'era la Dar al Arb (la Casa della guerra), l'impero bizantino resisteva, il regno visigoto fu conquistato, quello dei Franchi ora era il confine. La stirpe franca, di eccezionale bellezza, audace, lesta e virile, convertita alla fede cattolica, saranno loro a creare l'Europa cristiana.
Leoni anche qui esprime la sua conoscenza sull'organizzazione sociale e militare del regno dei Franchi. In particolare la sua attenzione si rivolge alla guerra di conquista, alle campagne e alle spedizioni militari, al costoso esercito carolingio. E poi l'altra attenzione verso l'altro popolo antagonista, i Sassoni, armati più o meno come i Franchi.
Il sesto capitolo tratta della “Prima Grande Guerra europea”. Le invasioni barbariche del IX secolo. E' un secolo di ferro. Qui Leoni abbandona lo schema narrativo fin qui adoperato, per narrarlo col vecchio metodo cronologico. Per scrivere che si trattò «del conflitto più colossale mai combattuto dalla cristianità per la sopravvivenza di tutto ciò che oggi è nostro, più decisivo, per certi aspetti, dei due conflitti mondiali del secolo scorso».
Leoni inizia la sua narrazione partendo dal monastero: arca di cultura a bersaglio prioritario. Infatti furono proprio i conventi e le abbazie gli obiettivi più colpiti dai barbari di ogni razza e latitudine e proprio per reazione a questi attacchi, «fu proprio nei conventi che si sviluppò una mentalità guerriera prima assolutamente sconosciuta». Leoni ricorda come per gli attacchi dei guerrieri del Nord nell'isola di Iona (Scozia), culla della civiltà britannica, il monastero subì la morte di ben sessantotto monaci. Ma c'è anche l'esempio del monastero di Monkwearmouth a sud di Lindsfarne, quando fu attaccato dai pirati, questa volta i monaci rifiutarono di farsi sgozzare, difendendosi con le armi. Poi anche altri monaci fecero lo stesso.
Naturalmente Leoni inizia dall'opera gigantesca di san Benedetto che, «ricostruendo, praticamente dal nulla, sparute comunità di monaci, insegnò nuovamente a un'Italia e a un'Europa distrutte come si poteva uscire dalla mera lotta per la sopravvivenza e ritornare a vedere la luce della civiltà».
Intanto l'impero carolingio si disintegra sotto i colpi di una delle più sanguinose guerre civili del Medioevo. Figli, fratellastri, nipoti dell'imperatore Carlo Magno si scagliano l'uno contro l'altro. Addirittura in una battaglia morirono ben 40.000 uomini. I signori non riuscirono più a difendere le popolazioni cristiane che restarono in balia dei predoni del Nord, che arrivavano sulle coste con le loro navi con la prora a forma di drago, razziando tutto e massacrando tutti. «Scene terrificanti si ripeterono molte e molte volte in tutta l'Europa e non solo nelle zone costiere, giacchè i pirati del nord avevano imparato a navigare lungo i fiumi e a colpire ben all'interno del continente europeo». Parigi e Amburgo furono saccheggiate nell'845 e più avanti consistenti gruppi di danesi si stabilirono sui principali fiumi europei.
Leoni riesce a descrivere nei particolari il modo di combattere di questi uomini del Nord, siano Normanni che Vichinghi, ma anche dei Magiari e sei Saraceni. Popoli che non arretreranno più davanti al solo nome dell'imperatore, come accadeva con Carlo Magno.
Adesso il ruolo di protagonisti passa a una folla di contadini, cittadini, cavalieri, uomini d'arme, monaci, re guerrieri e Pontefici senza paura. Si trattò di una lotta per la sopravvivenza di questa nuova Cristianità appena iniziata, sottoposta a una dura prova. Pertanto Leoni scrive: «lo stesso “scandalo” delle Crociate e del clero combattente non è pensabile senza uno studio approfondito di questi due secoli di lotta per la sopravvivenza […] se la nostra società attuale dovesse subire una simile prova, diventerebbe inconcepibilmente più violenta e più barbarica di quella, con molte minori probabilità di salvare l'arte, la cultura e l'amore per il bello, impresa nella quale i nostri antenati ebbero pieno successo».
Il viaggio che metaforicamente sta compiendo Leoni, percorrerà i campi di battaglia dell'Irlanda, della Gran Bretagna, della Francia, della Sassonia e dell'Italia, con una sosta temporale attorno alla fine del IX secolo, riprenderà successivamente nell'anno Mille e nell'XI secolo.
Brevemente accenno agli assalti dei Saraceni verso la Sicilia e la stessa Roma. Ci sarà sempre lo stesso schema nel Medioevo, sottolinea Leoni. Incursioni da una parte e dall'altra,rappresaglie, distruzioni di basi navali. «I saraceni prendevano e distruggevano, logorando così il potenziale economico, umano e militare dei cristiani: questi rispondevano con grandi spedizioni tese ad annientare i covi dei pirati, partendo da quelli più vicini e pericolosi». Il colpo più grave subito dalla Cristianità avvenne il 23 agosto 846, quando una flotta saracena di 73 navi con 11.000 uomini approdò a Ostia e poi arrivando a Roma saccheggiarono tutto e soprattutto profanando come mai nessuno aveva fatto, la Basilica di S. Pietro. I tesori accumulati furono depredati e perduti per sempre: furono asportate perfino le lamine d'oro delle porte.
Questo evento portò alla riorganizzazione degli Italici, nell'849, il Papa di allora, Leone IV guidò le forze cristiane e con una flotta navale riuscì a vincere i potenti saraceni. «Si può dire che la storia militare della Chiesa nasce quel giorno, così importante da essere celebrato negli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane». Leoni a questo proposito invita a non fare processi sommari sull'uso delle armi da parte della Chiesa.
«lo scandalizzarsi di tanti contemporanei per l'intervento dei Papi e vescovi in questioni belliche è quanto meno sciocco e vano, in quanto non comprende quale partita per la vita o per la morte fosse giocata in quei tempi». Anche se la Chiesa per la verità combatteva soprattutto una battaglia diplomatica a tutto campo. Tuttavia fu grazie ai pontefici se tanti territori italiani furono conquistati, come quando Giovanni X, si mise su un cavallo bianco, alla testa di una coalizione per annientare i saraceni del Garigliano, in una delle prime “guerre sante” della Storia.
Un altro Papa, Leone IX, protagonista di una grande riforma, nel 1054 per fermare i Normanni decise di impugnare le armi per mettere fine alle sofferenze della gente italica. Ma i Normanni ebbero la meglio, lo stesso Papa fu preso prigioniero, ma i Normanni non infierirono contro il Papa, anzi si inginocchiarono davanti a lui.
Altre pagine gloriose si svolsero in Irlanda di fronte alle invasioni vichinghe e poi in Inghilterra salvata dai santi guerrieri. Leoni racconta diversi episodi interessanti e soprattutto fa conoscere una serie di grandi personaggi. Tra questi spiccano due figure: Edmondo con il suo martirio e l'epopea di Alfredo, un grande sovrano, venerato come santo. E' interessante la storia di Alfredo, non solo per le sue capacità militari, ma soprattutto per sapere riorganizzare la società e il suo popolo. Puntando molto sulla cultura e l'istruzione, facendo tradurre in anglosassone i classici latini e greci, recuperando opere che sembravano perdute. Leoni giustamente si sofferma sulle parole di Alfredo che sono un monito per oggi, per la nostra epoca volgare e rozza, sprezzante del proprio passato fin dalle aule scolastiche.
«Considerate quali punizioni si siano abbattute su di noi in questo mondo, allorchè noi stessi non amavamo il sapere né lo trasmettevamo ad altri [...]». Pertanto il re Alfredo dispone di far tradurre i libri, perché «tutti i giovani liberi ora in Inghilterra che abbiano i mezzi per dedicarvisi siano messi allo studio [...]». Altro che secoli bui.
Il capitolo termina con una considerazione teologica di Leoni piena di grande significato. Dopo aver descritto brutalità efferate commessi dai tanti popoli in armi, in particolare da quelli venuti dal Nord, Leoni scrive: «i tempi della storia sono questi e chi li contempla, secoli e secoli dopo, ha la sensazione di trovarsi su un altissimo monte,più vicino ai disegni di Dio di chiunque altro. Perché come spiegare altrimenti che una normanna, discendente dei Vichinghi che sgozzavano i bambini nelle chiese, avrebbe avuto i capelli biondi, occhi e carnagione chiari come quegli assassini e si sarebbe chiamata Teresa Martin, santa Teresa del Bambin Gesù e del Sacro Volto?».
Negli ultimi due capitoli si da conto della vittoria e rinascita dell'Europa cristiana. Era chiaro che di fronte alle orde di predoni i contadini non avessero la minima speranza di vittoria, servivano dei guerrieri, dei miles professionisti, protetti da una cotta di maglia di ferro e addestrati fin dalla giovinezza a combattere a cavallo. Ecco che si ha l'affermazione definitiva della cavalleria. Prima di concludere vorrei segnalare un altro personaggio, una donna, una contessa italiana, Matilde di Canossa combattè oltre sessanta battaglie sempre in difesa del papato contro l'imperatore tedesco. Siamo tra il 1052 e il 1094. Interessante la sua strategia di primissimo ordine, sempre in prima linea, seguendo l'esempio di sua madre Beatrice, anch'ella comandante. Una donna di rara bellezza, leggendaria e molto umile, si firmava: "Mathilda, Dei gratia si quid est".
Leoni descrive il percorso che dovrà fare il giovane cavaliere, la disciplina che dovrà affrontare. Gli ultimi passaggi storici affrontati riguardano la conquista della Sicilia ad opera dei Saraceni, quindi la venuta in Italia dei Normanni, infine la grande riforma della Chiesa voluta da papa Leone X. L'ultima scheda storica prodotta da Leoni riguarda la nascita delle Crociate. L'Europa diventa prima potenza mondiale grazie alla rivoluzione demografica. Artefice di questa rinascita fu il popolo cristiano, che grazie ai guerrieri europei combatterono per tre secoli contro popoli invasori e poi alla Chiesa che nonostante la miseria morale di tanti suoi esponenti ma grazie al gran numero di santi si è riformata e purificata.
Così si può arrivare alla Crociata, che è la sintesi di secoli di Storia. Brevemente il testo prende in considerazione la grande avventura di un'intera società cristiana piena di fede e vogliosa di liberare il Santo Sepolcro.