Vandea, eroi e martiri per Dio e per il Re

17-04-2025 13:34 -

I libri sulla Vandea, almeno per quanto riguarda l'Italia, sono pochi, e per giunta sono stati pubblicati da case editrici di nicchia, quelle grosse si astengono dal farlo. Nel 1989, in occasione dei duecento anni dello scoppio della Rivoluzione Francese, Alleanza Cattolica organizzò un interessante Convegno internazionale a Roma, tra i partecipanti c'era Reynold Secher, autore e curatore di due volumi, sulla Vandea, editi da Effedieffe.

In quell'occasione ufficialmente gli italiani venivano a conoscenza del primo genocidio della storia moderna. Da allora è uscito qualche sparuto titolo. Pertanto ben venga il libro di Giorgio Enrico Cavallo, “Per Dio e per il Re. Vandea, eroi e martiri della Controrivoluzione”, D'Ettoris Editori (2024, pagine 365; euro 27,90) Il testo ha il pregio, di poter raccontare la storia dell'insorgenza vandeana usufruendo delle diverse opere già pubblicate, soprattutto in Francia, come si vede dalla bibliografia consultata. Del resto l'autore a conclusione del suo studio lo evidenzia, e spera “di contemplare la storia sulle spalle dei giganti”.

E' un auspicio che vale per tutti noi studiosi e ricercatori della verità storica. Cavallo è un giovane docente, storico e giornalista si occupa di ricerca storica del periodo rivoluzionario e risorgimentale, ha al suo attivo numerose opere di saggistica, ne segnalo due, che tra l'altro ho recensito: “Cristoforo Colombo il nobile. L’epopea transoceanica dell’ultimo cavaliere medievale”, (2021); “Napoleone ladro d'arte, le spoliazioni francesi in Italia e la nascita del Louvre” (2022), entrambi pubblicate da D’Ettoris Editori di Crotone. Il libro sulla Vandea si struttura in tre Parti: I La Rivoluzione; II La Guerra di Vandea; III Considerazioni.

L'autore ha preferito presentare l'opera con qualche raccomandazione per facilitare la lettura. Difficilmente il nome di un territorio entra nella leggenda, come è avvenuto per la Vandea, regione del Nord Ovest della Francia. Qui tra il 1793 e il 1794, ma anche negli anni successivi, uomini e donne, lottarono per il loro territorio, per il loro re e soprattutto per la loro fede, contro una una Rivoluzione sanguinaria e apostata. I Vandeani definiti “giganti” da Napoleone, mentre per i rivoluzionari giacobini erano solo dei “briganti”, meritevoli di essere annientati senza pietà.

A migliaia furono sterminati dagli eserciti rivoluzionari, le cosiddette “colonne infernali”, commettendo il primo genocidio dei tempi moderni. Il testo che vuole essere divulgativo, accompagna il lettore alla scoperta di una pagina di storia che appassiona come un romanzo. Attenzione una storia ancora assente nei libri di scuola. Tempo fa sono rimasto meravigliato dalla confessione che mi hanno fatto due amici (ormai in età avanzata) abbastanza impegnati culturalmente sulla completa ignoranza della storia di Vandea durante la rivoluzione. Allora perché si ribellarono le popolazioni della Vandea, della Bretagna, dell'Anjou, del Maine, della Normandia? Per rispondere alla domanda, il professore utilizza tutta la Prima Parte a esplorare le cause della Rivoluzione scoppiata nel 1789.

Il motore della Storia, sono le idee, è una costante sempre presente nelle analisi di Cavallo. Si parte con la morte di Luigi XVI, il 21 gennaio 1793, e qui veramente il mondo cambia. Un atto storico, ingiusto e sacrilego. Un passo cruciale, la Rivoluzione aveva sfidato Dio. Una Rivoluzione che nasce nella reggia di Versailles, proprio nel luogo simbolo del potere, tra i nobili, tra quei parrucconi, ci sono tutte le premesse economiche, ideologiche e politiche per preparare lo scoppio della Rivoluzione. Non ci fu uno scontro di classe, come scrivono i testi marxisti.

Lo storico piemontese indaga sulla crisi del pensiero occidentale che ha portato all'adesione alle nuove idee dell'Illuminismo, che aveva spazzato via il mondo medievale voluto da Dio. In questo periodo storico, assistiamo alla decadenza dell'aristocrazia: i nobili non vivono più nelle loro terre, ma per lo più “prigionieri” come larve annidate in mille stanze a Versailles, nell'immenso palcoscenico, dove si rappresentava il trionfo del loro ego. Paradossalmente fu proprio Luigi XIV a creare le premesse della Rivoluzione. Il Paese aveva bisogno delle riforme e invece si perdeva tempo con i sofismi dei vari Voltaire e tanti altri illuministi che frequentavano i salotti buoni di Parigi. Cavallo accenna a chi ha studiato più di altri questo periodo storico, come Edmund Burke, Augustin Cochin. Mentre il Terzo Stato, cannibalizzato da una piccola ma agguerrita rappresentanza di militanti, allenata da anni di letture e conversazioni retoriche.

Fu il cavallo di Troia della Storia, dove operavano i militanti dei Lumi. Sempre in questi anni aumenta l'avversione al Cristianesimo, una condizione che caratterizzava tutti i rivoluzionari che attraverso la gnosi, miravano a creare il mondo nuovo. Certo la Storia aveva visto altre rivolte, ribellioni, ma mai rivoluzioni come quella francese. E questo è aspetto fondamentale da tenere sempre presente. Nessuna delle rivolte precedenti aveva la pretesa di cambiare la società. La Rivoluzione Francese è la madre di una lunga serie di rivoluzioni moderne, a cominciare dalla rivoluzione russa, cinese e cubana, perfino per molti aspetti il fascismo e il nazismo.

Un'altra costante della Rivoluzione dell'89 è che divora i propri figli, e non ci si riferisce agli oppositori politici, che vengono sistematicamente perseguitati e sterminati. Ma anche i suoi figli prediletti, furono ghigliottinati Robespierre, Danton e tanti altri. Una scena che si è ripetuta in Unione Sovietica con i bolscevichi. Altro aspetto evidenziato da Cavallo è che la Rivoluzione è totalizzante, impoverisce e diventa anche culto. Si sostituisce la Religione cattolica, la Chiesa, con il culto alla dea Ragione. La maggior parte del libro si occupa delle guerre di Vandea. Attraverso la cartina (pagina 78) si individua il territorio dove si svolgono le operazioni di guerriglia o di guerra vera e propria. Tutto si svolse intorno al fiume Loira, alle città di Cholet, Saumur, Angers, Nantes.

Un territorio dove la popolazione cresceva costantemente, un tasso di natalità pari al 37 per mille. In media si aveva 5,27 figli per coppia. Una popolazione formata da contadini, ma anche da allevatori, proprietari, pescatori, barcaioli. La costituzione civile del clero e la coscrizione obbligatoria, hanno scatenato la rivolta popolare. Il 90 per cento dei preti in Vandea ha rifiutato di giurare alla Repubblica e quindi furono costretti alla clandestinità, a dire Messa di nascosto. Difficile contare il numero dei martiri, dei preti e delle monache uccisi. Mentre per quanto riguarda la leva obbligatoria, riguardava il reclutamento forzato di 300 mila ragazzi. L'autore del libro edito da D'Ettoris ravvisa ben cinque guerre che interessano sempre lo stesso territorio. Nella Prima Guerra di Vandea, il protagonista della rivolta suo malgrado fu il marchese Charles de Bonchamps, insieme alla moglie vivevano in campagna, nemici del fasto modaiolo di Versailles.

L'insurrezione inizia ai primi di marzo a Saint-Florent-le-Viel, secondo la tradizione, subito dopo l'approvazione della legge che prevedeva il reclutamento dei giovani per l'esercito rivoluzionario. Inizia come una banale jacquerie di paese. Ovunque si gridava “Rivogliamo i nostri sacerdoti”, “Viva il Re”. La rivolta si diffuse in modo omogeneo in tutto l'Ovest della Francia. Altri nobili si misero alla testa dei contadini, come Jean-Baptiste-Renè de Couetus. Anch'egli come gli altri, sapeva di rischiare tutto insieme alla sua famiglia. Il marchese Charles Augustin de Royrand, un altro capo vandeano fu Louis-Marie de Lescure, un uomo buono, soprannominato le Saint du Poitou.

Altri nobili, peraltro, molti, tra loro imparentati, da ricordare Henri du Vergier de La Rochejaquelein, il giovane marchese, che poi all'età di 21 anni prese il comando dell'intero esercito vandeano, diventando l'icona della contro-rivoluzione vandeana. Ma poi anche suo fratello maggiore Louis, scelse di combattere nell'Armee Catholique et Royale. A Beaupreau, la popolazione scelse il marchese Maurice Gilgost d'Elbèe come generale. Ma non ci sono solo i nobili alla testa delle improvvisate forze dell'insorgenza, uno tra tutti si distinse, Jaques Cathelineau, una spiccata bellezza popolana, anche lui diventato simbolo della reazione vandeana, faceva il venditore ambulante. Anche Jean Nicolas Stofflet non era nobile, era guardiacaccia. All'inizio della rivolta arrivarono le prime vittorie, a cominciare della conquista di Cholet. Il testo di Cavallo è corredato da una serie di immagini, in particolare dei capi, pitture postume alla guerra.

Molte informazioni sulla guerra provengono dalle Memorie de Madame la marquisa de la Rochejaquelein. Il 21 marzo 1793 fu costituita L'Armèe Catholique et Royale, un vero e proprio esercito che combatteva in nome di Luigi XVII e sotto il motto Dieu [est] le Roi. Ma il grosso problema dell'armata, molto evidente, era che i contadini non potevano essere trasformati in poco tempo in soldati. Un esercito che non aveva né caserme, né quartieri. I contadini tornavano alle loro case periodicamente. In gergo si diceva che gli uomini, “cambiavano camicia”.

Una caratteristica di questo anomalo esercito, era la presenza delle tante donne, spesso mogli degli insorti, erano le amazzoni vandeane. Una tra tutte si distinse, Renèe Bordereau, nota come Langevin. Un altro combattente che si distinse in questa guerra fu Francoise-Athanase de Charette de La Contrie, noto come Monsieur Charette, o Le Roi de La Vendèe. Una figura straordinaria, forse di origini italiane, non sempre andava d'accordo con gli altri capi vandeani, amava fare la sua guerra, fu l'ultimo a cadere sotto i colpi della rivoluzione. L'esercito vandeano arrivò ad avere anche 30 mila uomini.

Il testo dà conto anche della rivolta che si è estesa in Bretagna, nella Normandia, qui i rivoltosi furono chiamati gli Chuan, dal loro capo Jean Choun. Chiamata anche la Chouannerie. Naturalmente furono tanti gli episodi di guerra che caratterizzarono quei mesi di lotta, di attacchi, di ritirate. Arrivarono le sconfitte per l'Armata Cattolica e poi anche il tracollo, l'esito della guerra, non poteva che finire con la sconfitta, anzi con lo sterminio di gran parte dei combattenti e della stessa popolazione.

Interessante i numeri del vero e proprio primo genocidio della Storia. L'autore tiene conto degli studi di Reynold Secher, che per la verità si mantiene basso sui morti, circa 120 mila, mentre per altri sarebbero il doppio. Qualcuno arriva a contare 600 mila vittime. La stima è incerta. L'incertezza è dovuta all'assenza di molti archivi, che andarono perduti, soprattutto quelli parrocchiali, spesso trafugati dai Blues. C'era un vero e proprio accanimento dei repubblicani contro i registri.

Protagonisti dalla parte dei bleus, gli eserciti rivoluzionari ben organizzati, al comando dei vari generali come Jean-Baptista Kleber, il generale Louis-Marie Turreau, lo spietato Francois-Joseph Westermann, il macellaio della Vandea, con le sue “colonne infernali”, sono quelli più conosciuti, che hanno sostituito quelli che non erano riusciti a reprimere l'insurrezione. A uno a uno muoiono anche i vari capi dell'epopea vandeana e con loro i combattenti, uomini e donne, ma anche bambini.

Alla fine è un massacro di persone inermi, documentato dagli studi degli storici francesi e soprattutto da Secher, che ho conosciuto al Convegno di Roma. I massacri ci furono anche nelle città di Lione e di Tolone. Nel VII° capitolo, il testo fa una breve sintesi delle insorgenze, le Vandee italiane, delle popolazioni italiane contro le armate francesi di Napoleone. Interessanti le informazioni sulla Quarta e la Quinta guerra di Vandea, poco conosciute, in particolare quella “preparata” dalle donne, con a capo la duchessa di Berry, un po' folle, la guerra al femminile, definita dal professore.

La III Parte si passa alle considerazioni finali di questa gloriosa storia, che mi ha appassionato fin dalla mia adolescenza. Cavallo comincia con un miracolo, quella della statua lignea della Madonna di Saint-Sulpice-le-Verdon, chiesetta, più volte devastata dagli incendi dei Blues, come ha fatto a rimanere intatta. In queste considerazioni Cavallo può sintetizzare i punti di forza e i difetti dell'insorgenza vandeana. I Vandeani dalla loro parte avevano la difesa della loro identità, erano conservatori.

La posta in gioco era la Terra e il Cielo. “Se la Rivoluzione dichiara guerra a questi due principi, il mite contadino che ha sempre obbedito può diventare un leone”. Il contadino è realista, non è utopista. Poi c'è la difesa della Religione, ecco i coraggiosi vandeani diventano, gli ultimi crociati. Sono un popolo di soldati, scrisse nelle memorie Turreau. Per i rivoluzionari era inimmaginabile avere davanti uomini e donne del genere, loro che “combattevano non per la concreta realtà ma per gli effimeri sogni, e i sogni accecano e rendono folli”.

L'altro elemento di vantaggio per i vandeani era la conformazione del terreno, il bocage, un intrico di boscaglia e campi, ideale per la guerriglia. I difetti erano chiari fin dall'inizio: difficile trasformare l'esercito vandeano in un vero esercito. L'Armèe Catholique et Royale non poteva marciare su Parigi, come qualcuno ha scritto, all'abitante dell'Ovest, non interessava la città, perché lui combatteva per la sua terra. Gli uomini del bocage non erano sofisti. Altro difetto, mancava una direzione politica, “la fede in Gesù Cristo, Re del Cielo, non poteva bastare senza il re di Francia, suo intermediario”.

Del resto per chi combattevano le popolazioni dell'Ovest? Per Dio? Per il re bambino Luigi XVII? Questi interrogativi “avrebbero trovato risposta se solo il conte di Provenza e il conte di Artois, poi ascesi al trono nella restaurazione con i nomi di Luigi XVII e Carlo X, avessero creduto negli insorti e si fossero messi alla loro guida”.

Solo così, forse, non avrebbero sperimentato la fraternitè rivoluzionaria. Ma i principi erano paurosi e frastornati. Un aiuto esterno dagli inglesi non arrivò mai e quando fecero qualcosa si risolse in disastro. Tuttavia nel suo ultimo romanzo Victor Hugo evidenzia il vero problema dell'insorgenza vandeana: la mancanza di una guida superiore al nemico in strategia militare.

Qualcosa che si ripete in tutte le insorgenze anche in quelle italiane, nel Meridione d'Italia nel 1860 per esempio. Tuttavia, la Vandea, ha perso la battaglia con gli eserciti rivoluzionari, però secondo Cavallo vinse la guerra. Perchè nonostante tutto i rivoluzionari non riuscirono a scardinare il Cristianesimo dei vandeani, che rinacque con la Restaurazione. Il sangue dei martiri è il seme della rinascita.

La vittoria fu dei vandeani, anche se nessuno di quei capi, eroi combattenti, non l'hanno potuto vedere: la Vandea perse la guerra ma vinse la sua crociata. Il testo si chiude con un capitolo dove si spiega che cosa è la Contro-Rivoluzione e il pensiero conservatore. Considerazioni quantomeno attuali visto il recente dibattito politico che si è aperto tra le forze politiche di Destra in Italia.