Un docente condannato dalla Cassazione per abuso di mezzi di correzione: aveva costretto un alunno di 7 anni a grugnire a 4 zampe.
03-04-2014 19:47 - Attualità
Un docente è stato condannato dalla Corte di Cassazione per aver costretto un alunno di 7 anni a mettersi a quattro zampe e a grugnire come un maiale, dopo che il piccolo lo aveva deriso facendo proprio il verso del maiale.
Secondo i giudici, la punizione del docente rappresenta un abuso dei mezzi di correzione, reato punito dall´articolo 571 del codice penale.
La Corte ha reso definitiva la condanna a due mesi (sospesa con la condizionale) e al risarcimento dei danni in sede civile (e al pagamento delle spese di giudizio di 3.500 euro) dell´ insegnante, oggi cinquantenne, che al momento del fatto, nel 2006, stava facendo una supplenza in una scuola elementare di Bagheria (Palermo).
Nella sentenza 15149, che si riferisce all´udienza del 19 marzo, si legge che il maestro ha commesso "una prevaricazione".
Nel ricorso l´uomo aveva sostenuto che, considerato "il contesto culturale-ambientale" della scuola, "la lezione di forte contenuto simbolico" imposta all´alunno, che aveva "gravemente compromesso la credibilità dell´insegnante" davanti alla classe, avesse finalità educative e fosse adeguata alle esigenze.
I giudici ammettono che il comportamento del bambino ha "certamente messo in crisi la sua credibilità di docente", ma evidenziano come rispondere con lo stesso dileggio "all´impertinente offesa" abbia avuto "una ben più accentuata ripercussione sul piano psicologico" del bambino e anche "sulla sfera dell´onorabilità, che è patrimonio anche dei minori".
Inoltre secondo la Corte "appare del tutto fuori centro il riferimento fatto dal ricorrente al contesto ´bullistico´, alimentato dall´area territoriale ´mafiosa´, in cui a suo avviso andava inquadrata la condotta".
Si tratta - per la Cassazione - di un´osservazione "non solo palesemente avventata, avuto riguardo della tenera età della persona offesa, ma comunque espressione della distorta idea che di fronte a simili contesti ´bullistici´ possa reagirsi con metodi che finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) debbano essere risolti sulla base di rapporti di forza o di potere".
Secondo i giudici, la punizione del docente rappresenta un abuso dei mezzi di correzione, reato punito dall´articolo 571 del codice penale.
La Corte ha reso definitiva la condanna a due mesi (sospesa con la condizionale) e al risarcimento dei danni in sede civile (e al pagamento delle spese di giudizio di 3.500 euro) dell´ insegnante, oggi cinquantenne, che al momento del fatto, nel 2006, stava facendo una supplenza in una scuola elementare di Bagheria (Palermo).
Nella sentenza 15149, che si riferisce all´udienza del 19 marzo, si legge che il maestro ha commesso "una prevaricazione".
Nel ricorso l´uomo aveva sostenuto che, considerato "il contesto culturale-ambientale" della scuola, "la lezione di forte contenuto simbolico" imposta all´alunno, che aveva "gravemente compromesso la credibilità dell´insegnante" davanti alla classe, avesse finalità educative e fosse adeguata alle esigenze.
I giudici ammettono che il comportamento del bambino ha "certamente messo in crisi la sua credibilità di docente", ma evidenziano come rispondere con lo stesso dileggio "all´impertinente offesa" abbia avuto "una ben più accentuata ripercussione sul piano psicologico" del bambino e anche "sulla sfera dell´onorabilità, che è patrimonio anche dei minori".
Inoltre secondo la Corte "appare del tutto fuori centro il riferimento fatto dal ricorrente al contesto ´bullistico´, alimentato dall´area territoriale ´mafiosa´, in cui a suo avviso andava inquadrata la condotta".
Si tratta - per la Cassazione - di un´osservazione "non solo palesemente avventata, avuto riguardo della tenera età della persona offesa, ma comunque espressione della distorta idea che di fronte a simili contesti ´bullistici´ possa reagirsi con metodi che finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) debbano essere risolti sulla base di rapporti di forza o di potere".